Un’innovazione che in pochi anni ha cambiato vita e prospettive per pazienti con tumori del sangue senza prospettive di cura e guarigione: la terapia cellulare con CAR-T è stata una rivoluzione nella cura dei tumori ed è destinata a portare vantaggi a un numero sempre maggiore di pazienti. Ne hanno parlato durante Il Tempo della Salute Franco Locatelli, responsabile dell’Area di Oncoematologia Pediatrica e Terapia Cellulare e Genica dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, Davide Petruzzelli, presidente dell’Associazione La lampada di Aladino e Armando Santoro, direttore del Cancer Center e Responsabile Unità Operativa Oncologia medica ed Ematologia all’IRCCS Humanitas di Milano.

La tecnica consiste nel prelevare dal sangue del singolo paziente i suoi linfociti T, i «soldati» del nostro sistema immunitario deputati a difenderci da numerose malattie, che non sono più capaci di lottare contro il tumore, per rafforzarli in laboratorio. Con tecniche di ingegneria genetica, nei linfociti T viene indotta (attraverso l’introduzione del recettore CAR, che sta per Chimeric antigen receptor) la capacità di riconoscere e uccidere selettivamente le cellule cancerose. Così rimaneggiati e potenziati, i linfociti vengono reinfusi nel paziente e cominciano la loro battaglia contro il cancro. Un combattimento che, se va a buon fine, può significare la guarigione definitiva. «Le CAR-T sono approvate per pazienti con diversi tipi di linfomi, nella leucemia linfoblastica acuta e nel mieloma multiplo, ma il campo si sta allargando ad altri tipi di tumori del sangue, ai tumori solidi e alcune malattie autoimmuni, come il lupus eritematoso sistemico o la dermatomiosite. Oggi non vengono impiegate in prima linea ma l’obiettivo è anticiparne l’impiego, perché con un minore carico di malattia possono essere ancora più efficaci, e anche realizzarle in tempi più brevi: per alcuni pazienti i 20, 30 giorni necessari all’espansione dei linfociti T modificati sono tanti».

Come ha raccontato Locatelli, «L’idea di reindirizzare la risposta dei linfociti T su bersagli tumorali risale a ben 35 anni fa, la prima paziente trattata a 12 anni fa; queste terapie non sono solo personalizzate e di precisione, ma sono ‘farmaci viventi’ così efficaci da consentire di guarire pazienti per i quali non esistono altre possibilità di cura, che hanno fallito tutte le terapie a disposizione. Sono anche terapie che, a differenza dei chemioterapici, funzionano a prescindere dalla presenza di specifiche alterazioni molecolari che possano fungere da bersaglio. A fronte di ciò, vanno maneggiate con cura perché possono dare effetti collaterali che derivano proprio dalla loro grande efficacia, e che oggi siamo diventati sempre più bravi a gestire».

Terapie efficaci ma complesse da gestire, e come aggiunge Petruzzelli «Anche per questo è importante informare i pazienti, far capire loro che non sempre e non per tutti le CAR-T sono l’opzione più adatta, ma anche stare loro accanto perché si tratta di persone fragili, che arrivano a questa terapia dopo un percorso lungo di malattia. E sono terapie di cui va fatto conoscere il valore: sono costose, ma consentono di guarire e tornare alla vita attiva pazienti spesso giovani». «Il 40 per cento di pazienti che non hanno più possibilità di cura guarisce, per di più dopo un solo ciclo di terapia di 20, 30 giorni: altri trattamenti più tradizionali possono essere meno costosi ma vanno assunti molto a lungo, comportande spese che complessivamente possono anche essere paragonabili», ha aggiunto Santoro. In futuro, poi, le CAR-T potrebbero diventare la soluzione per molte altre malattie e come conclude Locatelli «Ci sono evidenze della possibilità di utilizzo in altri tumori ematologici, come le leucemie di tipo T, ma anche in tumori solidi (Locatelli ha pubblicato i primi dati positivi sull’uso delle CAR-T nel neuroblastoma, ndr) e malattie autoimmuni. Si tratta di terapie preziose, nate dall’iniziativa accademica e poi trasferite su larga scala grazie all’industria: investire in ricerca e nella tutela del Sistema Sanitario Nazionale, un patrimonio che tutti dovremmo difendere, è perciò l’obiettivo che dovremmo perseguire per il futuro».

Fonte: Corriere Salute