Un team scientifico statunitense ha messo a punto un esame del sangue, per ora non ancora entrato nella routine clinica, capace di identificare gli adulti con maggiori probabilità di sviluppare gravi patologie respiratorie, tra cui la broncopneumopatia cronica ostruttiva (Bpco). La Bpco è una malattia dell’apparato respiratorio caratterizzata da ostruzione irreversibile delle vie aeree, di entità variabile secondo la gravità. La malattia (nota in inglese con l’acronimo Copd, chronic obstructive pulmonary disease) è solitamente progressiva e si associa a uno stato di infiammazione cronica del tessuto polmonare. La conseguenza a lungo termine è un vero e proprio rimodellamento dei bronchi, che provoca una riduzione grave e consistente della capacità respiratoria.
Un progresso promettente
Il nuovo esame del sangue analizza 32 proteine che gli scienziati hanno determinato come predittive di un adulto con una maggiore probabilità di aver bisogno di cure mediche o di morire a causa di gravi patologie respiratorie. Il punteggio di rischio si basa sui dati sulla salute polmonare raccolti da circa 2.500 adulti statunitensi in un periodo di 30 anni. I risultati sono stati pubblicati sull’American Journal of Respiratory and Critical Care Medicine. «Non siamo ancora pronti a introdurre nella pratica clinica questo test, ma è un progresso promettente – afferma James P. Kiley, direttore della Divisione di Malattie polmonari presso il National Heart, Lung, and Blood Institute (Nhlbi) -. Consolida le intuizioni di decenni di test respiratori e valutazioni mediche in un unico strumento che ha il potenziale per identificare i pazienti a rischio di gravi malattie e complicazioni».
Funzionalità polmonare
Per creare il punteggio di rischio, gli investigatori hanno prima esaminato i dati sulla salute polmonare raccolti da 2.470 adulti di età compresa tra 18 e 30 anni, che hanno partecipato a uno studio sulla salute cardiovascolare durato 30 anni. Hanno poi esaminato migliaia di proteine da campioni di sangue forniti dai partecipanti al traguardo dei 25 anni e ne hanno selezionate 32 che meglio prevedevano quali partecipanti stavano avendo un rapido declino della funzionalità polmonare. Con queste 32 proteine è stato poi compilato un punteggio per prevedere la probabilità che una persona avrebbe avuto bisogno di cure mediche o sarebbe morta a causa di una patologia polmonare o di un grave evento respiratorio. Gli adulti con i punteggi più alti avevano una probabilità maggiore del 17% rispetto alla media di aver bisogno di cure ospedaliere per malattie respiratorie, una probabilità maggiore dell’84% di sviluppare Bpco e una probabilità maggiore dell’81% di morire per una malattia respiratoria, come Bpco o polmonite. Gli adulti con i punteggi più alti avevano anche una probabilità maggiore del 10% di sperimentare un aggravamento di segni e sintomi respiratori, come tosse, muco o mancanza di respiro, in misura tale da richiedere un trattamento.
Interventi più precoci
«Di norma la riduzione annuale della funzionalità polmonare determina scarsi effetti sulla salute respiratoria, ma al momento attuale non esiste un metodo semplice ed efficace per capire se un paziente è su una traiettoria ripida di declino della funzionalità polmonare – dichiara lo pneumologo Ravi Kalhan, coautore dello studio -. Se avessimo uno strumento clinico di facile impiego, come appunto un esame del sangue, capace di “fotografare” l’andamento della funzionalità polmonare di una persona in un singolo momento, ciò consentirebbe interventi più precoci che potrebbero, a lungo termine, migliorare la sua salute respiratoria». I partecipanti allo studio decennale hanno eseguito test respiratori per misurare la loro funzionalità polmonare, fino a sei volte durante lo studio, e hanno prodotto altri dati sulla salute polmonare. Durante questo periodo, 2.332 partecipanti hanno sperimentato un normale declino della funzionalità polmonare, mentre 138 hanno sperimentato un declino consistente.
Strumenti per prevedere il rischio
Per testare l’efficacia clinica del punteggio di rischio, i ricercatori lo hanno utilizzato per valutare retrospettivamente la possibilità di malattie respiratorie in oltre 40mila adulti da due precedenti studi osservazionali. Il modello di previsione ha identificato con successo gli adulti che avevano le maggiori probabilità di avere gravi condizioni respiratorie dopo avere preso in considerazione più fattori, tra cui sesso, razza, peso corporeo, asma e una storia di fumo. «Similmente all’uso della colesterolemia per valutare il rischio di un paziente di avere una patologia coronarica, stiamo esaminando i percorsi biologici per prevedere il rischio di una persona di sviluppare la Bpco e/o le sue complicazioni più gravi» commenta la pneumologa Gabrielle Y. Liu, coautrice dello studio.
La terza causa di morte
Questo esame del sangue deve ancora essere studiato in sperimentazioni cliniche prima che la Food and drug administration (Fda) statunitense possa prenderlo in considerazione e poi eventualmente approvarlo come strumento di screening per aiutare a prevedere i rischi di malattie respiratorie croniche. Queste condizioni colpiscono milioni di adulti in tutto il mondo e sono state la terza causa di morte nel 2019. I principali fattori di rischio includono fumo, inquinamento atmosferico ed esposizione a sostanze chimiche o irritanti polmonari, tra cui gas, fumi e polvere, sul posto di lavoro. Secondo i dati Istat, in Italia la Bpco colpisce il 5,6% degli adulti (circa 3,5 milioni di persone) ed è responsabile del 55% dei decessi per malattie respiratorie. Tuttavia, la prevalenza della malattia è verosimilmente più elevata perché la Bpco viene spesso diagnosticata solo in fase avanzata, spesso in occasione del ricovero ospedaliero per riacutizzazione, mentre le forme iniziali e lievi non vengono diagnosticate.
Fonte: Corriere.it