Tre esami del sangue segnalano il rischio infarto e ictus nei trent’anni successivi per le donne

hsRCP. Colesterolo LDL. Lp (a) o lipoproteina (a). Il primo misura la proteina C-reattiva ad altra sensibilità e definisce quanto siamo esposti a un’impercettibile infiammazione delle arterie. Il secondo e il terzo (che si fa una sola volta nella vita) identificano il rischio legato al profilo lipidico. Valutandoli una sola volta, e senza aspettare l’arrivo della menopausa, si può scoprire come e quanto una donna potrà essere esposta al rischio di infarto, ictus ed altre serie problematiche cardiovascolari nei trent’anni successivi. E quindi si possono prendere le opportune contromisure, concentrando gli sforzi in chi presenta risultati non ottimali. Potrebbe nascere così una prevenzione su misura al femminile, puntando a controllare al meglio questi elementi: per alcuni è già possibile, per altri si stanno studiando farmaci su misura.

A lanciare l’importanza di un intervento aggressivo e mirato (sulla scorta di questo screening semplice) per prevenire infarti, ictus e non solo nelle donne, ancora troppo spesso sottodiagnosticate su questo fronte, è una ricerca condotta dagli esperti del Brigham and Women’s Hospital di Boston, presentata al Congresso della Società Europea di Cardiologia (ESC) di Londra e pubblicata su New England Journal of Medicine. Lo studio è stato coordinato da Paul Ridker.

Il ruolo chiave dell’infiammazione

Gli esperti rilevano come valutare assieme questi tre elementi possa aumentare di molto il valore predittivo per la salute femminile, segnalando anche come l’infiammazione, pur avendo un peso simile a quello del colesterolo, venga poco controllata con test mirati. Lo studio ha preso in esame i dati relativi a 27.939 donne americane perfettamente sane all’inizio della ricerca, seguite per trent’anni. In particolare, sono stati considerati le informazioni del Women’s Health Study (WHS), iniziato nel 1993 con l’attenzione puntata su operatrici sanitarie di età pari o superiore a 45 anni.

Le donne hanno testato i loro livelli di hsCRPLDL-C e Lp(a) in un campione di sangue ottenuto quando si sono iscritte alla ricerca. L’indagine ha poi misurato l’evenienza di infarto, necessità di intervento di rivascolarizzazione coronarica, ictus o morte per cause cardiovascolari. Così si è arrivati a definire che la misurazione di tre marcatori biologici indipendenti in un campione di sangue può predire meglio il rischio di eventi cardiovascolari maggiori nei successivi tre decenni rispetto alla valutazione di uno solo.

Quanto cresce il rischio

Per valutare ogni marcatore e l’effetto combinato di due o tre parametri, gli studiosi hanno diviso le partecipanti in cinque gruppi, da quelle con i livelli più alti a quelli più bassi dei marcatori.

Rispetto alle donne con i livelli più bassi di singoli marcatori le donne con i livelli più alti di hsCRP avevano un rischio maggiore del 70% di un evento cardiovascolare importante, chi aveva valori più elevati di colesterolo-LDL presentava un rischio aumentato del del 36%, chi presentava misurazioni più alte di Lipoproteina (a) aveva un rischio maggiore del 33%.

Attenzione: le donne che avevano livelli elevati di tutti e tre i marcatori avevano 2,6 volte più probabilità di avere un evento cardiovascolare avverso importante. Questa associazione è risultata ancora più forte per l’ictus: le donne con i livelli più elevati avevano 3,7 volte più probabilità di avere un ictus nei successivi 30 anni. Insomma: come commenta la coautrice Julie Buring, ricercatrice principale del WHS ed epidemiologa presso la Brigham’s Division of Preventive Medicine “questi dati dovrebbero essere un campanello d’allarme per le donne. Aspettare abbiano 60 o 70 anni per iniziare la prevenzione di infarti e ictus è una ricetta per il fallimento”.

Lo screening per ridurre il rischio

La ricerca mette in luce anche un altro aspetto. Avere queste informazioni significa anche poter correggere la situazione, combinando il giusto stile di vita (alimentazione sana, stop al fumo, controllo del peso, attività fisica regolare in primis) con un trattamento farmacologico se il medico lo ritiene. Già si sa che abbassare il colesterolo LDL e l’infiammazione aiuta a ridurre significativamente i rischi di infarto e ictus. E nel futuro sono attesi Inoltre, diversi nuovi farmaci che riducono notevolmente Lp(a) ed agenti antinfiammatori di seconda generazione, per valutare i possibili effetti di queste terapie sugli eventi clinici. L’importante è pensare a screening mirati.

“I medici non possono curare ciò che non misurano – è il commento di Ridker. Abbiamo bisogno di uno screening universale per infiammazione, colesterolo e lipoproteina(a), e ne abbiamo bisogno ora. In questo modo, possiamo indirizzare i nostri trattamenti alle specifiche esigenze biologiche dei singoli pazienti, realizzando la nostra speranza di lunga data di fornire un’assistenza preventiva veramente personalizzata”.