I primi segni di due debilitanti condizioni potrebbero essere visibili nei risultati delle analisi del sangue già diversi anni prima della manifestazione più eclatante dei sintomi. In base a uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Cell Reports Medicine, il morbo di Crohn e la rettocolite ulcerosa, due malattie infiammatorie croniche intestinali (MICI) sarebbero rintracciabili precocemente da alcune piccole alterazioni dei valori negli esami del sangue di routine, rispettivamente otto anni e tre anni prima della diagnosi ufficiale.
INTESTINO IN FIAMME. Il morbo di Crohn e la rettocolite ulcerosa sono malattie immunomediate, cioè legate a una “disregolazione” del sistema immunitario, caratterizzate da un’infiammazione cronica che causa lesioni ulcerose nel tratto gastrointestinale (nel caso del Crohn) e nella mucosa dell’intestino crasso (colon), nel caso della rettocolite.
Sono condizioni croniche che colpiscono in genere i giovani adulti e che sono spesso rilevate quando il danno all’apparato digerente è ormai importante. Si calcola che in Italia, i pazienti interessati da queste patologie siano circa 250.000.
Benché si tratti di malattie affrontabili con i farmaci, nei casi più gravi possono rendersi necessarie procedure chirurgiche salvavita per gestire le complicanze a carico dell’intestino e deviare il flusso delle feci permettendone l’eliminazione. Ecco perché individuare i casi prima che la malattia degeneri è davvero importante.
A CACCIA DI AVVISAGLIE. Poiché i danni inferti dalle MICI impiegano molto tempo ad accumularsi, da tempo si sospetta l’esistenza di una “fase pre-clinica”. James Lee, gastroenterologo del Francis Crick Institute di Londra, ha confrontato i dati delle analisi del sangue di routine di 20.000 persone con malattia di Crohn o rettocolite ulcerosa nei 10 anni precedenti alla diagnosi con quelli di altre 4,6 milioni di persone senza queste condizioni. Le informazioni sono state tratte da un database elettronico danese sulla salute.
QUALCOSA STA CAMBIANDO. Un algoritmo addestrato apposta per muoversi in una mole così estesa di dati è stato in grado di individuare alcuni minimi cambiamenti in vari minerali presenti nel sangue, nelle cellule sanguigne e nelle proteine associate alle infiammazioni, rispettivamente otto anni prima della diagnosi di morbo di Crohn e tre anni prima di quella di rettocolite ulcerosa. Nessuna di queste alterazioni, da sola, sarebbe stata considerata motivo di preoccupazione: si tratta infatti di valori nel range della norma, le cui oscillazioni non sarebbero state visibili “ad occhio nudo”.
MIGLIORE QUALITÀ DI VITA. Il prossimo passo sarà raffinare l’algoritmo per renderlo capace, si spera, di identificare le persone più a rischio di sviluppare malattie infiammatorie croniche dell’intestino, e magari di valutare in prospettiva l’efficacia dei trattamenti.
Quanto scoperto «potrebbe darci un’enorme finestra di opportunità per intervenire con modifiche dello stile di vita o per fornire alle persone un trattamento efficace molto, molto prima» dice Lee. «Speriamo così di poter evitare che le persone debbano sottoporsi direttamente a un intervento chirurgico importante al momento della diagnosi».
Fonte: Focus.it