La conoscenza che abbiamo del corpo umano si arricchisce ogni giorno di nuovi dettagli e nuove scoperte, grazie alla ricerca scientifica che ha fatto passi da gigante negli ultimi anni e, ancora oggi, continua a svelarci i misteri dell’organismo umano, rendendo sempre più semplice prevenire e curare malattie che fino a qualche decennio fa portavano a morte certa. Pensiamo agli ictus, ancora oggi seconda causa di morte in Italia dopo le malattie ischemiche del cuore e responsabile del 9-10% di tutti i decessi, nonché prima causa di invalidità. Negli anni abbiamo la ricerca ci ha spiegato come ridurre i rischi e quali comportamenti e abitudini possono aumentare la possibilità di essere colpiti da questa patologia. Ora un nuovo studio ha rivelato la possibilità di valutare il rischio di ictus con un semplice esame del sangue.

La nuova prospettiva arriva dagli Stati Uniti, grazie a uno studio condotto dagli scienziati dell’Università della California e pubblicato sulla rivista Stroke: i ricercatori, guidati dal dottor Jason Hinman, hanno sviluppato un approccio innovativo per valutare il rischio di ictus sottoponendo il paziente a un semplice esame del sangue che, in futuro, potrebbe permetterci anche di determinare il rischio di declino cognitivo.

Lo studio è nato nel 2020, dopo che un team dell’università californiana ha scoperto un’associazione tra sei molecole nella rete dell’interleuchina-18, IL-18, e la presenza di lesioni cerebrali vascolari durante le scansioni a risonanza magnetica. Da lì gli autori dello studio si sono posti l’obiettivo di determinare la suscettibilità di una persona al rischio di ictus o al declino cognitivo, analizzando una serie di dati sanitari già disponibili.

Il database utilizzato per la ricerca arriva dal celebre Framingham Heart Study, un progetto decennale incentrato sui fattori di rischio per le malattie cardiovascolari, che viene condotto dal 1948 nella cittadina statunitense di Framingham, nello stato del Massachusetts. Grazie a quel ricco database, i ricercatori hanno analizzato i campioni di sangue di oltre 2.200 partecipanti e creato un modello matematico in grado di generare un punteggio di rischio basato sulle concentrazioni delle molecole della rete IL-18. Si è così scoperto che i pazienti associati ai punteggi più elevati avevano una probabilità dell’84% più elevata di avere un ictus nel corso della loro vita.

Una scoperta davvero senza precedenti se consideriamo che ad oggi l’unico modo per anticipare la possibilità di sviluppare malattie vascolari cerebrali prevede la combinazione di informazioni ottenute da esami come risonanza magnetica, anamnesi familiare o variabili demografiche.

Fonte: Gazzetta.it