Decretata nel 2008 da EURORDIS (Rare Disease Europe – una associazione che raggruppa al suo interno quasi 1000 associazioni di pazienti), la Giornata Mondiale delle Malattie rare si celebra il 29 febbraio (alternandosi negli anni non bisestili con il 28 febbraio). La scelta della data non è casuale: si tratta di un giorno che compare ogni quattro anni, quindi “raro”.
Una malattia viene definita rara nel momento in cui la sua incidenza coinvolge meno di 50 individui su 100.000.
Ad oggi si conoscono più di 6000 patologie che affliggono circa 300 milioni di persone nel mondo (il 5% della popolazione complessiva) e, per quanto riguarda l’Italia, l’Istituto Superiore di Sanità stima che quasi due milioni di individui siano affetti da una malattia rara.
Le malattie rare, priorità per la sanità pubblica, sono patologie gravi e frequentemente letali, cui non è possibile rispondere semplicemente con terapie. Il 72% delle patologie infrequenti sono di origine genetica mentre le altre compaiono in età adulta a seguito di infezioni, cause ambientali e/o allergie. Il 70% delle malattie rare esordisce durante l’età pediatrica.
Alla base delle malattie rare c’è una “anomalia” del codice genetico e conoscerla è senza dubbio il primo passo per poter riconoscere esattamente la malattia e caratterizzare i processi anomali. E procedere, dove possibile, con la somministrazione di una terapia genetica ad hoc.
La ricerca nell’ambito delle malattie rare sta facendo passi da gigante. Il progresso della scienza è sempre più strettamente connesso alla possibilità e alla capacità degli scienziati di collaborare, condividendo informazioni, strumenti, risultati e obiettivi. Sul mercato sono già presenti farmaci in grado di agire sul meccanismo patogenetico e modificare, quindi, il decorso della malattia (per esempio nel caso dell’atrofia muscolare spinale). La speranza per il futuro è quella pertanto di continuare come si sta già facendo, a investire sulla ricerca, per garantire l’utilizzo di risorse sempre più innovative e fornire così una speranza concreta ai malati, in modo da modificare notevolmente la progressione della malattia e quindi la qualità di vita.