“A che ora è impostato il tuo orologio biologico?”. Inizia con questa domanda una nota dell’Università del Colorado a Boulder, i cui ricercatori sono stati protagonisti di uno studio da cui è emerso come, in un “giorno non troppo lontano”, potrà essere possibile determinare i tempi dell’orologio circadiano o biologico interno di una persona, analizzando una combinazione di molecole presenti in un singolo prelievo di sangue.
L’importanza dell’orologio circadiano
La ricerca, i cui esiti sono stati pubblicati all’interno della rivista scientifica “Journal of Biological Rhythms” ha sottolineato dunque come si potranno ottenere indicazioni sempre più precise su temi quali la predisposizione al diabete, alle malattie cardiache e alla depressione, oppure ancora su cosa sia meglio mangiare, quanto dormire e su quale sia il momento ottimale per l’assunzione dei farmaci. “Se siamo in grado di comprendere l’orologio circadiano di ogni singola persona, possiamo potenzialmente prescrivere l’ora ottimale della giornata per mangiare, per fare esercizio fisico o assumere farmaci”, ha confermato l’autore senior dello studio, Christopher Depner. E, ha aggiunto, “dal punto di vista della medicina personalizzata, potrebbe risultare un traguardo rivoluzionario”.
Gli studi sul tema
Da decenni, i ricercatori sanno che un “orologio principale” centrale situato in una regione del cervello chiamata ipotalamo aiuta a regolare il ciclo giornaliero del corpo, anche quando ci sentiamo naturalmente assonnati di notte, si legge ancora nella nota. Più di recente, una serie di studi ha rivelato che quasi ogni tessuto o organo del nostro corpo ha un dispositivo di temporizzazione interno, sincronizzato con quello dell’orologio principale, che detta i tempi rispetto a quando secerniamo determinati ormoni, come funzionano il nostro cuore e i polmoni durante il giorno, la cadenza del nostro metabolismo e altro ancora. Ben l’82% dei geni codificanti proteine , che sono anche bersagli farmacologici, mostra modelli simili 24 ore su 24, il che suggerisce, ad esempio, che molti farmaci potrebbero funzionare meglio e produrre meno effetti collaterali se la somministrazione fosse programmata in modo appropriato. “E quando il nostro ritmo interno è in contrasto con il nostro ciclo sonno-veglia, ciò può aumentare il rischio di una serie di malattie”, ha spiegato il coautore dello studio, Ken Wright.
I metaboliti presi in considerazione
Per questo e per arrivare a produrre la loro tesi, i ricercatori hanno seguito da vicino 16 volontari per un periodo di 14 giorni, testandone le reazioni all’interno di una sorta di laboratorio del sonno ed in condizioni strettamente controllate. Oltre a testare i valori di melatonina ogni ora, gli studiosi hanno anche usato un metodo chiamato “metabolomica”, valutando i livelli di circa 4.000 metaboliti (tra cui aminoacidi, vitamine e acidi grassi), tutti presenti nel sangue. Quindi, servendosi di un particolare algoritmo di apprendimento automatico, gli studiosi sono riusciti a creare una specie di impronta molecolare per le singole fasi circadiane. Si tratta per ora, hanno spiegato gli stessi ricercatori americani, di uno studio non sperimentabile su larga scala. Tra l’altro, i risultati maggiormente significativi sono stati rilevati quando le persone erano ben riposate e non avevano mangiato di recente. Un fattore, questo, che potrebbe rendere il test proibitivo al di fuori dei laboratori. E per essere eseguibile e risultare conveniente, un test commerciale dovrebbe, con molta probabilità, restringere il numero di metaboliti. Lo studio dei ricercatori americani, per ora, è riuscito a ridurlo a 65. Ma “lo studio è un primo passo fondamentale”, ha detto ancora Wright. “Siamo nelle fasi iniziali dello sviluppo di questi biomarcatori per il ritmo circadiano, ma questo studio mostra che si possono ottenere risultati promettenti”, ha concluso.